Antonio Banfi (Vimercate 30 settembre 1886 – Milano 20 luglio 1957), laureatosi a Milano in lettere (1908, con Francesco Novati) e in filosofia (1910, con Piero Martinetti), dopo un breve soggiorno in Germania, insegna nei Licei fino al 1931, poi nelle Università di Firenze, Genova e Milano. Tramite un fecondo dialogo con il trascendentalismo kantiano e con la fenomenologia husserliana, elabora un innovativo razionalismo critico, in grado di storicizzare Kant senza hegelianizzarlo, utilizzando anche il relativismo simmeliano, onde indagare l’infinita ricchezza della vita e della cultura. Considerato il «Cassirer italiano», negli anni Trenta formò la “scuola di Milano”, entro la quale la sua lezione, nutrita del dibattito europeo, avviò i suoi allievi a perseguire le inquietudini dei loro propri dèmoni, come emerge anche dalla sua rivista «Studi filosofici» (1940-1944 e 1946-1949). Tra le sue opere principali: Principi di una teoria della ragione (1926), Pestalozzi (1929), Socrate (1943), Galileo Galilei (1949), L’uomo copernicano (1950), La ricerca della realtà (1959, 2 voll., postumo), Esegesi e letture kantiane (1969, 2 voll., postumo) e il fondamentale saggio Sui principi di una filosofia della morale (1934).
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