
Nel periodo tra le due guerre il cinema – soprattutto hollywoodiano – è al centro dei consumi culturali. Il suo impatto è determinante sia nell’affermazione di una nuova cultura visiva che investe la stampa e la pubblicità, sia nella proposta di stili di vita inediti. La “nuova arte” opera nel profondo degli spettatori, anche al di là della propaganda del regime, facendosi veicolo di modelli non in linea con quelli sostenuti dal fascismo ma vicini piuttosto alla sensibilità e alla cultura popolare internazionale. Tuttavia, nelle varianti dei film adattati al mercato italiano, si tratta di una modernità sempre filtrata, rimodellata, adeguata a caratteristiche nazionali. Il cinema si fa specchio, in tal modo, di una modernizzazione immaginaria. Poco importa allora che nella vita quotidiana il cammino verso il compimento di un reale progresso sia incommensurabilmente più lungo, accidentato e faticoso. È in sala che si compie il balzo; è davanti allo schermo che si compie il volo del cinema.
Raffaele De Berti è professore associato presso l’Università degli Studi di Milano dove insegna Storia e critica del cinema e Cinematografia documentaria ed è docente di Analisi del prodotto cinematografico all’Università della Svizzera Italiana. I suoi principali interessi sono legati alla storia del cinema italiano dagli anni Dieci agli anni Sessanta. In particolare, nelle sue pubblicazioni si è occupato dei rapporti tra cinema, altri mass-media e società italiana; della diffusione della cultura americana in Italia attraverso il cinema; delle forme di novellizzazione letteraria dei film.