Antonio De Simone

Machiavelli il conflitto e il potere

La persistenza del classico

Informazioni
Collana: Filosofie
2014, 138 pp.
ISBN: 9788857521190
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Sinossi

Riflettere sul rapporto tra conflitto e potere a partire da Machiavelli e dal suo Principe significa comprendere perché il conflitto non può prescindere da un ordine, e che l’unità della politica è in un certo senso immanente al conflitto. Non c’è comunità umana che storicamente possa neutralizzare l’ambivalenza del conflitto: nella scena della città, in condizioni di diversificazione sociale che permea gli umori dell’agire pubblico e politico, la pluralità umana, nello spazio della contingenza e nel tempo dell’evento, genera conflitti. Nella «contraddizione antropologica» che lo contraddistingue, l’uomo è produttore di inquietudine, perché è vicissitudine del mutamento: egli è protagonista dell’inquieto conflitto. Per il vivente umano c’è tensione continua tra politica, unità, ordine, conflitto e potere. Pertanto, la certezza che il conflitto e il potere pervadano la «realtà effettuale» dell’umano è antropologicamente, politicamente e storicamente evidente. Ciò che occorre dirimere è il legame tra la politica come conflitto e la politica come conoscenza di questo conflitto. Nello sguardo della filosofia politica, il «gesto rivoluzionario» di Machiavelli consiste nel fatto che egli non deplora la divisione, i tumulti, i conflitti, non vede in essi una scissione destinata ad essere superata, ma li concepisce anche come il principio e il motore della libertà, ecco perché egli fa l’«elogio del conflitto», che dà vita a una comunità politica e ne nutre l’esperienza della libertà. Il tumultuoso conflitto dell’umano è condizione di possibilità della libertà, perché la negatività del popolo, dei più, è la sola a poter arginare il desiderio di dominio dei grandi. Pensatore della condizione umana e politica, Machiavelli, nella sua persistenza, oggi, è ancora un «classico» che perturba, con lo «sguardo obliquo» della sua antropologia politica, la nostra contemporaneità.

Antonio De Simone è professore di Storia della filosofia nell’Università di Urbino. Si è occupato prevalentemente di storia della filosofia moderna e contemporanea, filosofia politica e teoria critica, analizzando, tra l’altro, il rapporto tra soggetto, conflitto e potere nelle metamorfosi del moderno. Ha contribuito alla ricezione nazionale e internazionale dell’opera di Georg Simmel e di Jürgen Habermas. È autore di numerosi volumi; tra di essi, quelli che più ne hanno segnato la ricerca sono: Lukács e Simmel (1985); Tradizione e modernità (1993²); Dalla metafora alla storia (1995); Tra Gadamer e Kant (1996); Senso e razionalità (1999); Habermas (1999²); Georg Simmel (2002); Filosofia dell’arte (2002); L’io ulteriore (con F. D’Andrea e A. Pirni, 2005²); Oltre il disincanto (2006); L’ineffabile chiasmo (2007); Intersoggettività e norma (2008); L’inquieto vincolo dell’umano (2010); Passaggio per Francoforte (2010); Conflitti indivisibili (con D. D’Alessandro, 2011); Dislocazioni del politico (2011²); Conflitto e socialità (2011); Il soggetto e la sovranità (2012); Dell’umano evento (con D. D’Alessandro e R. Roni, 2012); Alchimia del segno (2013). Ha inoltre curato le raccolte di saggi Leggere Simmel (2004); Identità, spazio e vita quotidiana (2005); La vita che c’è (con F. D’Andrea, 2006, 2 voll.); Diritto, giustizia e logiche del dominio (2007); Paradigmi e fatti normativi (2008); Per Habermas (con L. Alfieri, 2009); Leggere Canetti (con L. Alfieri, 2011). Ha collaborato con le riviste “Studi Urbinati”, “Fenomenologia e società”, “InOltre”, “Hermeneutica”, “Post-filosofie”, “Studi di Sociologia”, “Cosmopolis”, “Magazzino di Filosofia”, “il Mulino”, “Lo Sguardo”.