
Giuseppe Rensi
Autobiografia (intellettuale) e testamento (filosofico)
In tempi ormai sfiancati dal dilagare del pensiero debole, una robusta iniezione di forza è quello che ci vuole per tentare di sopravvivere. Il disincanto di Rensi ci aiuta a prendere le distanze dai sentimentalismi umanitari tanto assoluti nel XXI secolo tanto quanto lo furono i totalitarismi nel Novecento. Rensi e il suo scetticismo sono un toccasana perché mostrano come la storia non abbia una direzione: non ci sono tappe da dover seguire né mete da raggiungere. Smonta ogni velleità di trovare nella storia delle incarnazioni di verità morali o etiche. Se queste potessero realizzarsi, se la storia ospitasse la verità allora essa stessa evaporerebbe. Ogni rassegnazione presuntuosa che accetta l’ordine dato come immutabile si pone dalla parte del nulla e di quell’autorità a cui Rensi dedica una delle grandi opere della filosofia politica italiana del Novecento. Chi, invece, quella rassegnazione la respinge, si apre alla storia come movimento. E dunque si apre il futuro. Un motivo, questo, per non lasciare Giuseppe Rensi tra gli scaffali polverosi della storia ma rileggerlo. Oggi.
Giuseppe Rensi (1871-1941). Tra gli autori rimossi, o semplicemente dimenticati, il filosofo morale Giuseppe Rensi merita un posto speciale per essere riuscito, contemporaneamente, a farsi perseguitare dal regime fascista e a farsi mettere all’indice dagli antifascisti. Socialista e positivista in gioventù, il discepolo di Gaetano Mosca individua ben presto nel decisionismo il solo freno possibile alla crisi dello Stato moderno, smantellando la logora identificazione della libertà con un valore assoluto e della ragione con lo strumento privilegiato dell’azione.
Cesare Cavalieri - Avvenire, 20 luglio 2016
"Quell'Hitler, che grande economista"
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Libero, 20 agosto 2016
"La sifda ai dogmi filosofici dell'antirazionalista Rensi"
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