Silvio Ceccato
La mente vista da un cibernetico
“Il fisiologo potrà sì trovare gli organi del mentale e giungere a porre un parallelismo fra il funzionamento osservato su questi e le operazioni mentali, ma soltanto dopo aver individuato la funzione”, scrive Silvio Ceccato. La mente vista da un cibernetico è un’esposizione ben strutturata del suo pensiero, e, soprattutto, della sua proposta di pensiero. Essa punta con decisione verso la costruzione consapevole di un’alternativa alla tradizione “filosofica”, individuata come esito fallimentare sul piano scientifico del tentativo di spiegare la percezione nei termini di un rapporto fra “originali” e “copie”. All’ingannevole paesaggio di “enti astratti” e “cose concrete”, funzionale alla legittimazione di ogni sopruso, Ceccato contrappone un quadro ipotetico di funzioni gerarchizzate, che riconduce i valori agli atteggiamenti e questi al “pensiero”, individuato come procedura di correlazione dei risultati della funzione costitutiva, o “mentale”, attribuita a sua volta alle combinazioni di un elemento minimo bistadiale, lo “stato di attenzione”, comparabile a funzionamenti artificiali o naturali come un circuito elettrico o una catena neuronale. Assumendo quindi l’impegno, come “tecnico”, o “cibernetico della mente”, a non far rientrare dalla finesta, come invece fanno i fondatori della cibernetica classica parlando ad esempio di “informazione”, quell’indebito “raddoppio del percepito” che, volendo procedere scientificamente, consapevolmente e in maniera responsabile verso se stessi e verso gli altri, dev’essere, a suo parere, lasciato fuori dalla porta.
Silvio Ceccato (1914-1997) insieme a Vittorio Somenzi e Giuseppe Vaccarino ha fondato la rivista “Methodos” dedicata alla ricostruzione in termini operativi del linguaggio e alla cibernetica. È stato direttore del Centro di cibernetica e di attività linguistiche dell’Università Statale di Milano. Fra le sue opere principali: II linguaggio con la Tabella di Ceccatieff/Language with the Table of Ceccatieff, 1951; Linguistic Analysis and Programming for Mechanical Translation, 1961; Un tecnico fra i filosofi, 1966; Il gioco del Teocono, 1971; Il maestro inverosimile, 1972; Linguaggio, consapevolezza, pensiero, 1980 (con Bruna Zonta); L’ingegneria della felicità, 1985; La fabbrica del bello, 1987; Il linguista inverosimile, 1988 (con Carlo Oliva); C’era una volta la filosofia, 1996.
Francesco Ranci insegna Scienze Sociali presso il Berkeley College a New York. Redattore di methodologia.it, ha recentemente curato traduzione e prefazione di due saggi di Erving Goffman, Simboli di appartenenza a una classe sociale e Sul rinfrescare le idee al pollo, 2016.