Manuele Bellini

Geroglifici e cinema

Il film come “universale fantastico”

Informazioni
Collana: Cinema
2019, 142 pp.
ISBN: 9788857552460
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Sinossi

I geroglifici egizi, valorizzati dall’estetica fin dalle sue origini settecentesche, sono considerati, nell’età dei Lumi, la lingua muta della sensazione, una sorta di Characteristica universalis che, dopo aver attirato l’interesse, tra gli altri, di Leibniz, diventa la metafora del parlare per immagini: i “geroglifici espressivi” di cui scrive Diderot, peraltro rifacendosi anche a Bacone, accomunano la lingua dei sordomuti all’arte teatrale “del gesto”. Due secoli dopo, “arte geroglifica” è definito il cinema delle origini, ancora concepito come teatro filmato, dove l’enfasi espressionistica della recitazione comunica secondo il principio del rebus, che sta alla base anche della lingua geroglifica: lo scrive Abel Gance, lo esemplifica Chaplin, lo teorizzano, tra gli altri, Balázs e Ejzenštein. Ma v’è di più. Il film è una sorta di “universale fantastico”, direbbe Vico, che in questo si ispirava proprio ai geroglifici, traducendo concetti astratti in immagini concrete, il cui significato, tuttavia, non è spesso manifesto. Il film, infatti, è, come vuole Kracauer, un “geroglifico visibile”, che illustra in filigrana i cambiamenti ancora invisibili di una realtà storico-politica che va saputa, smascherata e denunciata. È un simbolo, proprio alla maniera ermetica, nel quale si celano le “disposizioni psicologiche” di un popolo: anche nei film d’evasione del periodo classico si può intravedere ciò che sarebbe accaduto durante il nazismo.

Manuele Bellini, dottore di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, affianca alla docenza liceale l’attività scientifica nell’ambito dell’Estetica. Ha pubblicato, tra l’altro, I profili dell’immagine. L’estetica della percezione in Henri Bergson: dalla metafisica al cinema (2003), L’enigma dei geroglifici e l’estetica. Da Orapollo a Bacone, da Vico a Hegel (2013), Dialettica del diverso. Marxismo e antropologia in Luciano Parinetto (2018). Ha inoltre curato L’orrore nelle arti. Prospettive estetiche sull’immaginazione del limite (2008), La «muta eloquenza». Il gesto come valore espressivo (2011), Corpo e rivoluzione. Sulla filosofi a di Luciano Parinetto (2012) e, di L. Parinetto, Verdi e la rivoluzione (con G. Scaramuzza, 2013); ha tradotto le Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura di J.-B. Du Bos (con P. Vincenzi, 2005). È membro del comitato scientifico della rivista “Materiali di Estetica”.