Articolo
Abstract

Fin dove può spingersi il linguaggio del nichilismo in quanto testimonianza rigorosa – benché indiretta – di sé? In che consiste l’estremo limite del suo dire, a partire dall’”evidenza” del diventar nulla e da nulla, senza sottrarsi – come in genere astrattamente accade – alla metafisica che si porta in seno? Ferma restando l’impossibilità di guardare in faccia la propria alienazione in quanto persuasione che l’ente è niente (la follia, vista come tale, non può non tramontare e cioè apparire come negata), per conoscere l’estrema negazione del Destino (un tratto del Destino stesso) ci pare decisivo “aiutare” il nichilismo a esplorare il limite, altamente aporetico, in cui potentemente – per un’ultima resistenza ancora in forma indiretta – si fa sentire il Baratro.