Articolo
Abstract

La ‘dialettica degli opposti’ fra Martin Heidegger e Emanuele Severino, che appare emblematica per l’approdo attuale del canone occidentale, viene assunta come premessa per argomentare l’integrazione della verità dell’essere e della giustizia del senso. La radicalità del finito e l’assolutezza dell’eterno chiedono di essere mediate nell’oltrepassamento della loro tradizionale opposizione: la scissione ha reso impossibile ‘abitare metafisicamente’ l’esperienza originaria dell’essere e del senso. L’apertura di Severino ad una positiva ‘escatologia dell’oltrepassare’, riportata alla iniziale semantica della sua ‘filosofia della prassi’, viene esplorata come una traccia praticabile, anche per l’integrazione metafisica del nesso fra credere e pensare.