
Orgogliosamente Occidente
GENNAIO/MARZO 2023 Trimestrale · anno XVII · numero 1
Chi voglia parlare o scrivere di crisi dell’Occidente (e sono in molti) ha l’obbligo di definire con ragionevole precisione che cosa significa ‘crisi’ e che cosa è l’Occidente. Questo esercizio di rigore cambia la prospettiva: la retorica del declino ha fatto il suo tempo ed è venuto il momento di pensare, articolare, rivendicare i motivi d’orgoglio (e sono molti) di appartenere a questo crocevia di geografia e storia, cultura, politica democratica, valore della persona.
SOMMARIO
Editoriale
Laura Paoletti, Identikit dell’Occidente (pp. 9-11)
Contributi
Gianfranco Pasquino, Occidente on my mind (pp. 13-25)
L'intento è ‘scrivere contro’ la diffusa tesi di una crisi dell’Occidente: a tal fine, dopo aver proposto una definizione operativa dei termini in questione – ‘crisi’ e ‘Occidente’ –, il contributo procede ad una comparazione intrasistemica e intertemporale dei sistemi politici occidentali che smaschera la debolezza della tesi per cui il cosiddetto Occidente non garantirebbe più il benessere economico a causa dell’insorgere di una crisi della democrazia liberale. Al contrario, l’Occidente dilaga con le sue idee e il suo esempio e le società chiuse reagiscono con risentimento e rancore, con repressione. Che tuttora vi siano problemi e sfide, nell’Occidente e contro l’Occidente, non autorizza e non consente a nessuno, meno che mai ai non occidentali, di parlare di crisi dell’Occidente.
Aldo Schiavone, Cosa vuol dire Occidente (pp. 27-37)
Cosa vuol dire ‘Occidente’? Fino al XIX secolo, sostanzialmente, ’Europa’. Da tempi relativamente recenti, il termine fa piuttosto riferimento a due accezioni: un sistema geopolitico centrato sugli USA e un modello di civiltà fondato su specifici valori culturali, giuridici, politici. Il contributo ricostruisce la storia del concetto e le sue evoluzioni, con lo slittamento del suo centro dall’Europa all’America, le teorie del ‘declino’, la crisi dell’Unione Sovietica e la fine del comunismo, l’avvento della rivoluzione tecnologica. In particolare, proprio quest’ultima rappresenta una chiave di lettura privilegiata per interrogarsi sul destino dell’Occidente e sulla possibile nascita di una civiltà planetaria.
Raffaella Gherardi, Sulla «libertà di orizzonti»: a proposito di qualche eredità dell’Illuminismo (pp. 39-53)
La civiltà e la cultura occidentali stanno ormai volgendo al declino: questa la tesi della celebre opera di Oswald Spengler, Il tramonto dell’Occidente. Nessuna cultura o civiltà è paragonabile a un’altra o misurabile secondo i parametri di un’altra; i valori sono storici, relativi, condizionati dall’ambiente e dalla visione del mondo di riferimento; il cammino della storia non è un progresso unilineare, ma l’intreccio di molteplici realtà sfaccettate, divergenti. La «filosofia del futuro» a cui aspira Spengler – la cui fisionomia l’articolo, spaziando da Montesquieu a Kant, da Rousseau a Voltaire, riconduce all’età dell’Illuminismo – è improntata a una «libertà di orizzonti»: formula cioè il suo giudizio storico con sguardo libero, non condizionato da una visione ‘occidentalocentrica’.
Francesca Rigotti, L’Occidente cade, non può che cadere (pp. 55-65)
L’occidente cade, non può che cadere perché ce l’ha iscritto nel nome. Cade perché è pesante, perché pesanti sono i suoi frutti maturi. E se macchie e tracce di marcio rovinano la buccia e la polpa, l’Occidente rimedierà con gli stessi metodi che ha ideato per configurarsi come la terra della libertà e della democrazia grazie alla sua nascita sul mare e dal mare, sulla scia del topos che assegna all’Occidente l’invenzione della libertà e dell’autonomia individuale, capisaldi della democrazia.
Francesco Tuccari, L’Occidente come «civiltà planetaria». Tre profezie alla prova dei fatti (pp. 67-82)
La nozione di «Occidente» è opaca, ambigua, sfuggente. Soprattutto a partire dalla fine della guerra fredda e con l’inizio dell’era post-bipolare, che non rendono più possibile definirlo e contrario, il concetto si fa scivoloso. Il saggio prova dunque a far luce sulla natura dell’Occidente, richiamandosi ai modelli interpretativi di Francis Fukuyama, Serge Latouche e Samuel P. Huntington, che trent’anni fa ne hanno profetizzato rispettivamente il trionfo, l’implosione catastrofica e il declino. La tenuta di questi tre paradigmi è quindi misurata alla luce di alcune sfide degli ultimi decenni (quali gli attentati dell’11 settembre 2001, l’ascesa della Cina, la Grande Recessione, la pandemia, la guerra russo-ucraina), che impongono di interrogarsi nuovamente sul destino dell’Occidente.
Francesca Longo, L’Occidente tra Guerra, Pace e nuovo ordine mondiale (pp. 67-82)
L’aggressione russa all’Ucraina sembra aver risollevato il dibattito sulla ‘crisi dell’Occidente’: a livello interno, con il (ri)sorgere di populismi; a livello internazionale, con l’emergere di diverse forme di contestazione del modello cooperativo sorto alla fine della seconda guerra mondiale e l’insorgenza di nazionalismi. Chiediamoci tuttavia se, piuttosto che davanti a una crisi, non siamo di fronte a una fase di transizione, in cui le varie forme in cui si è organizzata la democrazia occidentale debbano sviluppare nuovi ‘anticorpi’, per testimoniare di essere la sola forma di governo a poter garantire i diritti universali e la gestione pacifica dei conflitti.
Sorina Soare, Il Sole sorge (di nuovo) all’Est, ovvero l’Occidente visto dagli occhi del postcomunismo (pp. 95-108)
L'analisi illustra il passaggio, da parte dei paesi post-comunisti nei confronti dell'Occidente, da un periodo di elogio e ammirazione (modello politico, economico, cultural-valoriale) ad un registro di critiche più o meno velate. Malgrado lo status di membri dell'UE, lo sviluppo economico e la diffusione di modelli democratici, il periodo post-Grande Recessione coincide con un disincanto progressivo nei confronti del modello europeo/occidentale. Oltre ai cosiddetti usual suspects, tali critiche si ramificano fra i partiti mainstream, intellettuali e leader di opinione e, non in ultimo luogo, fra i cittadini. L'analisi ricostruisce alcuni dei punti chiave di questo processo.
Alessandro Roncaglia, Da un Occidente all’altro: capitalismo regolato e capitalismo neoliberista (pp. 109-120)
Il contributo si interroga sulle varie forme assunte dal capitalismo in Occidente, dal modello scandinavo a quello statunitense, ricavandone la tesi di un capitalismo ‘sregolato’, quello neoliberista, predominante negli ultimi decenni. Tra le conseguenze più tangibili: speculazione finanziaria, inquinamento e riscaldamento globale. In tal senso, occorre prendere coscienza di alcune concezioni ‘mitiche’ della visione neoliberista: l’equilibrio spontaneo dei mercati, la loro efficienza e, in generale, l’autoregolamentazione da parte delle istituzioni. Solo in tal modo le inversioni di tendenza sul piano delle politiche concrete si estenderanno più all’impostazione generale delle politiche pubbliche.
Gianpietro Mazzoleni, L’Occidente ha conquistato e difende la libertà di informazione (pp. 121-133)
Anche un semplice sguardo alla storia dell’Occidente rivela che la conquista della libertà di espressione è stata frutto di una lotta secolare contro il dispotismo politico e religioso. Questo diritto è oggi inscritto in molte Costituzioni e nelle Carte dei Diritti Universali, ma è ancora ostacolato da forze ideologiche, politiche ed economiche sia nei regimi non democratici sia nelle stesse democrazie mature. Mentre nei primi i media sono nella sostanza imbavagliati, nelle seconde vengono garantiti e regolamentati il pluralismo e la competizione, e lo stato di diritto assicura libertà e interviene con sanzioni dove essa viene minacciata. L’articolo esamina alcuni casi emblematici di come la democrazia occidentale ha risolto il conflitto tra pressioni politiche ed economiche e potere dell’informazione.
Birgitta Nedelmann, Covid: due risposte occidentali e la Cina (pp. 135-153)
Le crisi rappresentano una sfida per la democrazia. Come hanno reagito le istituzioni occidentali di fronte all’emergenza Covid? Sono riuscite – e in che termini – a ‘non sciupare’ la crisi, trasformandola in opportunità? Per rispondere a questo interrogativo, l’articolo illustra le strategie elaborate dalla Germania e dalla Svezia, confrontandole con la rigida politica attuata dalla Cina attraverso il parametro del value-loading: della capacità cioè, da parte degli attori politici, di far fronte alla crisi seguendo una ‘scala’ di valori, in linea con i propri obiettivi di governo. Ne emerge che, nonostante le innegabili difficoltà, la democrazia occidentale sia riuscita a rivelarsi funzionale nella gestione dell’emergenza.
Abbiamo letto per voi
Silvia Dadà, A.Fabris (a cura di), Heidegger. Una guida, Carocci, 2023 (pp. 155-161)
Gli autori di questo numero (pp. 163-165)