Leggere il Capitale

“Ecco dunque di cosa è colpevole la nostra lettura filosofica del Capitale: di aver letto Marx osservando le regole di una lettura di cui lo stesso Marx ci dà l’impressionante lezione nella sua propria lettura dell’economia politica classica. Se dunque confessiamo la nostra colpa, è deliberatamente per affondarvi, per ancorarci ad essa, per aggrapparci ad essa ferocemente come alla testa di ponte che si deve tenere costi quel che costi, per sperare di attestarsi un giorno e riconoscere l’estensione infinita che contiene il suo minuscolo spazio: l’estensione della filosofia di Marx”.
Louis Althusser

Questa è la prima edizione italiana completa dei seminari sul Capitale, tenuti presso l’Ecole Normale di Parigi nell’anno accademico 1964-1965 da Althusser e i suoi allievi. Sono studi che impressero una svolta straordinaria all’interpretazione di Marx. La rilettura del Capitale proposta da Althusser e dalla sua scuola è diventata infatti un punto di riferimento fondamentale e costituisce tuttora, come sottolineano i curatori dell’edizione francese del 1996, “una sorta di classico”.
Si tratta di una lettura sistematica, che considera tutta l’opera di Marx, mettendo in luce le profonde differenze filosofiche presenti nel “giovane Marx” dei Manoscritti e nel “Marx maturo” della critica dell’economia politica. Dunque a ragion veduta veniva privilegiato, alla fine, Il Capitale, anch’esso affrontato nella sua interezza, nelle sue contraddizioni apparenti o reali, nelle difficoltà terminologiche e concettuali che ne rendono ardua l’interpretazione, nella complessità della sua articolazione per cogliere “l’unità profonda di un testo, [...] ossia la sua problematica”, come in Per Marx Althusser si proponeva e come magistralmente realizza negli scritti qui raccolti.
La lettura filosofica che del Capitale viene data (come “confessa” Althusser nel saggio introduttivo), ossia l’interrogazione sull’oggetto e sullo statuto dell’epistemologia sottesa al pensiero di Marx, è tutt’altro che un’operazione accademica. La posta in gioco è poter pensare al di fuori dell’utopia e dell’ideologia le possibilità di una prassi di trasformazione.